lunedì 31 maggio 2010

Parmenide



Parmenide di Elea


L’essere è, il non essere non è

Il filosofo di Elea nel proemio del suo trattato Sulla natura sfrutta il viaggio di ascesi dalla parte bassa della città,la quale rappresenta il regno dell’opinione, della doxa, ossia del senso comune e fallace, fino all’acropoli, la quale invece descrive il regno della Verità, stabile, perfetta ed immutabile, come metafora del suo pensiero: infatti una volta che il giovane filosofo ha compiuto il viaggio voluto dalle divinità, e, dunque ha compiuto il percorso di purificazione, è pronto a ricevere il messaggio della verità :

· L’essere è e il non essere non è, né potrebbe essere

Egli, con questo passo, vuole affermare che il non essere per definizione non è. Ne deriva che è impossibile pensare e dire il non essere poiché per sua natura non è.

Da tali premesse Parmenide giunge a negare sia l’esistenza delle cose (la molteplicità degli enti), sia il divenire (pensato come passaggio dal non essere all’essere).

Non solo, per il filosofo di Elea non ha nemmeno senso usare il verbo essere preceduto da una negazione.

Esempio : “Mario non è sposato” per Parmenide è una frase senza alcun significato poiché il filosofo, per il quale ancora non vale la distinzione moderna delle due funzioni dell’essere (funzione copulativa ed esistenziale), concepisce unicamente il valore esistenziale dell’essere. Perciò il verbo essere usato nella sua forma negativa viene considerata un’ammissione del non essere e dunque la frase precedentemente scritta è un’affermazione contraddittoria.

Posto che solo l’essere è, va chiarito come esso sia.

Gli attributi dell’essere parmenideo sono :

· Ingenerato e imperituro poiché se nascesse si dovrebbe ammettere il divenire ossia il passaggio dal non essere all’essere ma poiché il non essere non è e non può esistere non si può ammettere il divenire;

· eterno perché l’essere vive in un eterno presente : l’essere è e, dato che il passato è il tempo che non è più ed il futuro il tempo che non è ancora, Parmenide esclude altri tempi al di fuori del presente;

· immutabile e immobile perché se si muovesse dovrebbe passare da A a B,B però è diverso da A cioè non è A,dunque non esiste e l’essere non potrebbe mai essere mobile poiché dicendo questo,si dovrebbe accettare il non essere;

· finito perché ciò che è finito è perfetto;

o è una sfera omogenea e tutti i punti sono distanti in egual modo dal centro.

Va precisato inoltre che l’essere in un certo senso coincide con il pensiero e con il linguaggio dato che possiamo esprimere e pensare solo l’essere. Esiste infatti un’identità di struttura tra l’essere, il pensiero e il linguaggio come ci suggeriscono i tre significati di logos :

ü Legge che governa il mondo

ü Pensiero che la pensa

ü Linguaggio che la esprime .

Si ricorda che Parmenide, mettendo al centro lo studio sull’essere fonda per primo il significato dell’ontologia, intesa come lo studio dell’essere, ossia di ciò che è comune a tutti. Tale concetto viene ripreso poi da Aristotele, che definì l’ontologia “studio dell’ente in quanto ente”, ossia studio di ciò che tutti gli enti hanno in comune con gli altri enti, al di là delle loro differenze specifiche: il fatto stesso di esistere.

Confronto con Eraclito

Entrambi i filosofi analizzano due specie di conoscenza: quella che avviene attraverso i sensi e quella razionale, che ha come strumento il logos. Quest’ultima soltanto assume valore positivo poiché offre l’accesso alla verità intesa come epistème.

Eraclito analizza la questione dividendo la popolazione in dormienti, i quali si accontentano di una visione del mondo fallace, osservando il mondo come una continua lotta tra contrari e svegli, i quali colgono la verità ossia che “Tutto è uno”, che è saggio convenire che il mondo è unico, che i contrari sono riconducibili all’unità dell’essere e che alla lotta è sottesa un’armonia profonda.

La differenza fondamentale tra i due filosofi,apparentemente simili, è che il primo afferma che il divenire è la legge del tutto, mentre Parmenide sostiene che non esiste poiché sostenere il contrario, sarebbe affermare il non essere, ossia cadere in contraddizione.

Resta da pensare: che senso ha dire che le cose non esistono?

Ma anche: che significato diamo alla parola “essere”?


Patrizio Papa



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